“Esistono l’esperienza, gli avvenimenti e le verità fisiche, ed esistono l’esperienza, gli avvenimenti e le verità psichiche. La reciproca confusione, e l’impotenza a riconoscere ai secondi autonomia, generano la più grande calamità che possa sconvolgere una coscienza e, ancora peggio, un’intera cultura ‘spirituale’. Non è riconosciuta come vera una cosa la cui realtà non si presenti o non sia conosciuta come fisica? Si arriva a un punto tale di ‘naturalizzazione’ per cui, se si disconosce a un fatto ‘storico’ la sua realtà fisica, sembra che lo si faccia crollare, quando è esattamente il contrario: degradare i fatti dello Spirito, e la sua incompresa realtà, al rango di avvenimenti di solo senso fisico, va percepito come il crollo della nostra fede e della nostra esperienza”.
Così scrive il più importante studioso dell’Islam del Novecento, Henry Corbin, nella sua difesa (intitolata La Sophia eterna, 1953) verso la Risposta a Giobbe, di Karl Gustav Jung, uscita l’anno prima e “attaccata ferocemente da ogni parte confessionale”.
Già Freud aveva messo in dubbio l’esistenza del fatto in quanto tale, quando scriveva che, parlando, del fatto rimane soltanto il fantasma. Ovvero, è impossibile fondare l’analisi su una presunta obiettività del fatto descritto. Parlando, si dissipa la credenza nel fatto obiettivo, per lasciare il posto alla questione aperta e alla domanda.
Ma, andando ancora più lontano, ai sofisti, lo diceva anche Gorgia da Lentini 483-375 a.C.: “Nulla è. Quand’anche qualcosa fosse, non sarebbe conoscibile. Quand’anche qualcosa fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile”. Per questo non possiamo smettere di parlare.
One Comment
Giulia Tognetti
3 Dicembre 2016 at 8:50Giusto…..Una prospettiva affascinante……che pone l’accento inequivocabilmente di come il dialogo ,la parola detta e scritta e il sapere siano il fondamento per relazioni umane di genere non aggressive e violente.
Oggi ,di questo abbiamo bisogno……