Pubblico qui il mio intervento in occasione dell’inaugurazione della mostra delle opere di Alfonso Frasnedi, che si è tenuta il 10 novembre 2022 nella sede dell’Associazione Oniro (via Borelli 20, Modena).
Sono oltre 300 gli autori che si sono occupati delle opere di Alfonso Frasnedi, fin dalla sua prima mostra nel 1952. Nomi illustri come Virgilio Guidi, Renato Guttuso, Carlo Arturo Quintavalle, Renato Barilli e altri di cui si trovano gli scritti nei cataloghi che la casa editrice Spirali ha pubblicato in occasione delle grandi mostre dedicate al Maestro a Milano e in altre città italiane e di altri paesi.
Perché questo titolo: “La luce dell’ascolto”? Innanzitutto, nelle opere di Frasnedi è impossibile “vedere” qualcosa. Ma questa è una qualità della pittura astratta, una qualità dell’astrazione che, come sappiamo, ha abbandonato ogni pretesa di restituire sulla tela un’immagine convenzionale, una raffigurazione o una rappresentazione di un paesaggio, di un ritratto, o persino dell’impressione che quel paesaggio o quel ritratto evoca. Frasnedi, non appena ha incominciato a dipingere, si è trovato in uno scenario internazionale che si era lasciato alle spalle ogni genere di forma. Egli si è interessato non alla forma, ma alla materia. Alla materia di che cosa? Come Jackson Pollock e Mark Rothko, Frasnedi s’interessa alla materia del colore, e nel colore cerca qualcosa che non sia percepibile soltanto con gli occhi, ma anche e soprattutto con l’ascolto. Ecco perché parla di “vibrazione”: “La vibrazione, egli scrive, è ciò che fa vivere il colore. È il momento in cui la moneta, ruotando su se stessa prima di adagiarsi sul piano, oscillando, mostra entrambe le facce simultaneamente” (Catalogo La materia della felicità. Il contrasto, il dibattito, la tranquillità, Spirali, 1991). La vibrazione ha a che fare con la sensazione, è qualcosa che va oltre il visivo, è qualcosa che si ode, che si ascolta. “La pittura di Frasnedi si qualifica subito come una pittura che ha bisogno del silenzio, va ascoltata, perché occorre sentire il suono, il risuonare della vibrazione, che ci fa entrare nell’opera per farci vivere la sua musica”, sottolineava Sergio Dalla Val all’inaugurazione della precedente mostra di Frasnedi a Oniro (27 maggio 2021 video).
Lo scrittore Vittorio Vettori nota che “Morandi e Frasnedi sono della stessa città e sembrano non avere nulla in comune. Ma non è così: per entrambi si pone una questione di distanza di silenzio” (Catalogo La galleria del tempo, Spirali, 2011). Pensiamo alle bottiglie di Morandi: non sono soltanto bottiglie, ma nemmeno possiamo dire che siano simboli di qualcosa. Il silenzio delle bottiglie di Morandi – come alcuni critici hanno notato – è come il silenzio dell’astrazione di Frasnedi, dell’assenza di rappresentazione che instaura l’ascolto e, con l’ascolto, la luce, l’intendimento.
Leonardo da Vinci chiamava “rumore perpetuo” la lingua dei litiganti, la lingua della prevaricazione, del conflitto, la lingua con cui ognuno crede di avere una verità da dimostrare, da cercare o da svelare, mettendo fuori gioco l’Altro o se stessi, facendosi vittima, quindi perdendo ogni dignità, autorità, umanità. La lezione di Alfonso Frasnedi, in un’epoca in cui il rumore perpetuo ha raggiunto livelli inaccettabili, sta proprio qui: nel silenzio, nell’ascolto e nella luce, che non è illuminazione, apocalisse, svelamento, ma intendimento.
L’intendimento interviene facendo. E non è un caso se, per alcuni aspetti, possiamo accostare l’approccio di Frasnedi al suo lavoro con quello che l’imprenditore ha verso la propria impresa: per esempio, la solitudine con cui entrambi si trovano ad affrontare il rischio assoluto e sono chiamati a prendere decisioni pragmatiche che non possono delegare; oppure l’onestà intellettuale con cui non accettano di sedersi nella comodità di avere trovato una via di successo perché la curiosità li spinge a esplorare sempre nuove strade dell’arte e dell’invenzione. Ma soprattutto ciò di cui entrambi hanno esperienza è la luce dell’ascolto, la luce come quell’intendimento che interviene nel gerundio della vita, non c’è prima e non dipende da una presunta volontà propria o dell’Altro. L’artista, come l’imprenditore che compie un viaggio intellettuale, non pretende di sapere prima cosa accadrà nella giornata, quale colore inventerà, quali parole dirà negli incontri, ma con umiltà, generosità e indulgenza, farà le cose secondo l’occorrenza, ascoltando e cogliendo gli indici, gli indizi e gli asterischi della qualità in ciascun incontro e in ciascun caso.
Alcuni amici mi hanno chiesto perché oggi è interessante scommettere sulle opere di Frasnedi. Perché è un artista che è sempre stato avanti e non ha mai voluto riprodurre uno stile che apparteneva a un periodo precedente, soltanto perché il mercato glielo chiedeva quando si accorgeva del suo valore. Chi ha acquistato un’opera di Frasnedi del periodo informale non se n’è certo pentito. Anche perché ormai non se ne trovano più. Adesso, è arrivato il momento delle opere che sono esposte in questa mostra, che sono un inno al silenzio, all’ascolto, in mezzo al nullismo imperante, sono un appello alla qualità della parola, al dibattito senza polemica, nella tranquillità di una vita dedicata all’arte e all’invenzione, come quella di ciascuno che viaggia in direzione del valore assoluto.