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Cifrematica e psicanalisi

 

Dal 1994 promuovo e pratico la psicanalisi come aspetto della cifrematica, la scienza della parola originaria. Non mi sono mai imbattuta in qualcuno che si definisse o fosse definito “paziente” o “malato”, o che esigesse la guarigione da un sintomo. Ho incontrato e incontro ciascun giorno chi avverte la provocazione come condizione del suo viaggio e non la elude. Con ciascuno costituisco un dispositivo di parola, promuovendo l’articolazione della domanda, che non è mai di salvezza, di benessere o di guarigione, ma è sempre domanda di qualità, domanda di cifra. Con chi enuncia un disagio promuovo un processo intellettuale, una ricerca linguistica, non un processo diagnostico finalizzato alla scoperta della causa, come se il disagio fosse un male da estirpare. La parola è la vita, e ciascuno non può vivere senza la parola. E la parola è libera, non sottostà alla padronanza del “professionista” o del “cliente” che a turno vorrebbero farne uno strumento per raggiungere il benessere, la salute perfetta, in breve, per sbarazzarsi della parola stessa, del suo principio e delle sue virtù: l’aria, il caos, l’anoressia intellettuale, la libertà, la leggerezza, il disagio, la tentazione intellettuale, il crimine originario.
La psicanalisi o è internazionale o non è. Lo psicanalista o è uno statuto intellettuale o non è.
Nel 1989, mi sono imbattuta nella provocazione del sembiante – oggetto e causa della parola, ostacolo assoluto, non rappresentabile in qualcuno, negli uomini o nelle donne che possono sembrare un ostacolo o un limite al nostro viaggio –, frequentando, a Milano e a Bologna, l’attività internazionale dell’Associazione Psicanalitica Italiana e della casa editrice Spirali, nata nel 1978 per un gesto di generosità intellettuale di Armando Verdiglione, Sergio Dalla Val, Cristina Frua De Angeli, Mariella Borraccino, Ruggero Chinaglia, Massimo Meschini, Alessandro Atti e di altri intellettuali, scrittori e imprenditori. La rivista “Spirali”, con cui la casa editrice aveva inaugurato la sua produzione, era il primo giornale culturale in Italia e nel pianeta a rivolgersi a un pubblico non accademico, il primo distribuito in edicola accanto ai settimanali e ai quotidiani, simultaneamente in Italia e in Francia, perché teneva conto dell’esigenza di ciascuno di acquisire strumenti d’intelligenza intorno alle questioni nodali del nostro tempo, e non solo.
Ciascuno ha diritto alla vita intellettuale e il tentativo di negare la parola non riesce: qua un lapsus, là una sbadataggine, uno sbaglio di conto, un equivoco impediscono al discorso che si presume definito, compiuto, prestabilito, sensato, significativo e significato d’installarsi, impediscono che la breccia si chiuda, impediscono le recinzioni, i cancelli, i muri che il luogo comune tenta di erigere per assicurarsi una via presunta facile. Ma la via facile è la rovina, è la via degli stolti, di coloro che vorrebbero evitare lo sforzo intellettuale, la vera difficoltà. Provate a pensare quanti problemi sorgono per chi cerca di evitare lo sforzo intellettuale: quanti sono coloro che passano all’azione perché “non sanno come dire qualcosa”? Alcuni assumono “sostanze”, proibite o prescritte, credendo di trovare le parole o la forza per affrontare un problema. Ma il problema di dire qualcosa che non si sa come dire rimane. E rimarrà sempre, perché nessuno ha padronanza sulla parola. C’è chi propone metodi e ricette per acquisire padronanza su di sé, per dominare le platee, per conquistare il cliente o il partner, per affascinare gli allievi. Questi moderni maghi e incantatori, sedicenti professionisti della comunicazione, negano l’inconscio come logica particolare a ciascuno, imprevedibile e impadroneggiabile, negano che la parola è originaria, libera, e lo sbaglio è strutturale. E, sopra tutto, negano che in principio è la parola, nulla è prima, sotto o fuori della parola.
Dal 1994 promuovo la psicanalisi come aspetto della cifrematica perché ciascuno, nell’incontro con me, nella ricerca libera, possa trovare strumenti di lucidità e divenire caso di qualità, caso di cifra, anziché attardarsi nella rappresentazione del caso patologico.
E per questo, dal 1994, tengo corsi e conferenze e intervengo a convegni internazionali e intersettoriali a Modena, a Milano, a Bologna e in altre città e dirigo un’equipe cifrematica, che si tiene ciascuna domenica sera a Modena e che dà un apporto teorico e organizzativo essenziale perché la città non sia né uno spazio né un luogo come territorio da spartire, ma sia città del tempo, città della trasformazione in atto.
La cifrematica è una novità assoluta nel pianeta e c’è chi l’ha considerata pericolosa perché è una rivoluzione. Ma la rivoluzione cifrematica non ha bisogno di fucili, di bombe e di ordigni nucleari, è il rivolgersi delle cose in direzione della qualità, dissipando i luoghi comuni e promuovendo l’ingegno e l’industria di ciascuno.